Mixing, il nuovo romanzo di Dada Montarolo

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MIXING | NUOVI PRODOTTI

Non avviene spesso di incontrare opere letterarie in cui il mondo del beverage diventa vero protagonista. È il caso del romanzo Mixing di Dada Montarolo, ambientato in un grande albergo di montagna. La vicenda gira intorno ai ricordi di un barman, che rammenta dodici clienti seduti al bancone.

Ciascuno di loro gli ha chiesto un cocktail differente, raccontandogli, durante la bevuta, la sua storia. Mixing è suddiviso in dodici capitoli, che, non a caso, prendono i nomi di famosi cocktail (SIDECAR, OLD PAL, BETWEEN THE SHEETS, ROSE, CARUSO, BLOODY MARY, ZSA-ZSA, MARY PICKFORD, GIMLET, STINGER, OLD FASHIONED, LOST DREAM), narrando di volta in volta le storie dei protagonisti.

Si tratta di figure particolari e tutte da scoprire, ciascuna, che si tratti di un archeologo, un giornalista, uno sportivo… che ruota attorno ad avvenimenti singolari e che non potranno fare altre che accaparrarsi l’attenzione del lettore, questo anche grazie lo stile impeccabile dell’Autrice, nata in Italia a Casale Monferrato, ma residente in Svizzera, non a caso inserita dalla stampa elvetica in una speciale lista di scrittori che vale la pena assolutamente leggere.

Ed è proprio così, perché in Mixing la Montarolo tratteggia benissimo gli ambienti, come i personaggi, caricando il tutto di una giusta tensione emotiva e psicologica, dando luogo a un romanzo, edito quest’anno dalla Gabriele Cappelli Editore, interessante e che stimola continuamente la curiosità, rendendo così merito al mondo del beverage e della mixologia, che di questo testo di fa indiscussa protagonista.

Mixing
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Una citazione dal libro

Era sempre immerso nelle sue scartoffie, alzò appena la testa quando mi sentì arrivare.

Shaker, ghiaccio, dry gin, vermouth dry, crema di menta verde. Mentre lavoravo provavo un’inaspettata contentezza. Il vecchio, glorioso Caruso era come il do di petto del grande Enrico: indimenticabile. Non lo chiedeva quasi più nessuno ma se accadeva era come socchiudere la porta polverosa di un mondo elegante e perduto. Preparai la coppetta e tornai da lui.

«Grazie» mormorò distratto.

Non staccava gli occhi dalla riproduzione a colori di un quadro. Una natura morta. Mi allontanai senza disturbarlo. Dal bancone ogni tanto lo guardavo.

Arrivarono altri clienti, cominciai a servire gli aperitivi, ma non perdevo d’occhio lo strano signore. Aveva bevuto in fretta il suo Caruso e adesso sembrava infastidito dalla gente. Radunò i suoi fogli e fece per andarsene.

Gli spedii in fretta un commis con il conto. Guardò sorpreso il ragazzo, mi fece di lontano un piccolo gesto di scusa e sillabò un “camera trecentoventuno” silenzioso.

Uscì dal bar e io, naturalmente, non controllai alla conciergerie.

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